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Paddle, l’affascinante storia di uno sport raccontata dai suoi pionieri

Dai campi e racchette in legno fino ai giorni nostri. Un viaggio nel mondo del paddle abbellito da aneddoti e storie di chi lo ha vissuto in prima linea. Mauro Zanzi sarà la guida nella nostra macchina del tempo

Campi spartani con pareti in legno e spesso “artigianali”, racchette di legno e palline dal peso consistente. Salendo sulla macchina del tempo e tornando indietro di vent’anni – e più precisamente tra il 1991 e il 1993 – questo era il paddle in Italia: un gioco sconosciuto, più che una vera disciplina sportiva, praticato da un gruppetto di amici tra l’Emilia-Romagna e il Veneto. L’entusiasmo, la passione, l’amicizia e la voglia di giocare divertendosi animavano questi pionieri del paddle, pronti a rischiare tutto pur di vincere una scommessa che all’epoca sembrava solo un azzardo, un rischio da prendere a scatola chiusa. Ma, dentro di loro, sapevano che alla fine i semi piantati avrebbero dato i propri frutti.

Oggi, con un movimento in continua evoluzione e con i primi giocatori italiani che si affacciano nel professionismo spagnolo, questo gruppo di “folli” aveva visto lungo

scansione0003.jpgMontevideo, 1993. Sull’aereo che atterra nella capitale dell’Uruguay c’è un italiano, Mauro Zanzi. Assorto, guarda fuori dal finestrino i palazzi che si stagliano lungo la costa: pensa alla sua famiglia, a sua madre cresciuta in questa città del Sud America. Alla sua morte aveva maturato il desiderio di conoscere i luoghi della sua adolescenza. Entrando in un negozio di sport, vede alla parete alcune “strane” racchette, un incrocio fra i racchettoni e le racchette da beach tennis, sport che in quegli anni fa impazzire tutta la Riviera romagnola. Nota subito che a produrle sono prestigiose marche come Head, Wilson e Prince. E nota anche i prezzi alti: circa 100 dollari per modello.

Incuriosito chiede ai parenti uruguaiani delle spiegazioni. Portato per la prima volta su un campo da padel, se ne innamora: “Vedere una variante del tennis così avvincente mi colpì in modo particolare; però fui colpito soprattutto nel vedere quanto la gente si divertisse e quanto il paddle fosse diffuso in città. Vi erano campi e tornei ovunque”. Compra un paio di racchette e si imbarca sull’aereo di ritorno con il desiderio di praticarlo anche in Italia.

Veri campi da gioco allora non ve ne erano: ne era stato allestito soltanto uno dimostrativo a Bologna. Poi nel 1992 erano stati realizzati due campi a Borgo Panigale: “Erano davvero spartani, con le pareti in legno – ricorda Mauro Zanzi con un sorriso sulle labbra – e noi giocavamo per altro con le racchette in legno”.

scansione0013.jpgI primi due campi, in erba sintetica e con le pareti in muratura, furono costruiti a Costabissara in provincia di Vicenza. “Giravo l’Italia per giocare a paddle visto che i campi erano pochi – racconta Zanzi – e ho giocato anche in una palestra di Udine il cui campo però non era in regola misurando di lunghezza solo 18 metri. Ma pur di giocare…”.

Allaccia quindi i rapporti con la FIGP (Federazione Italiana Gioco Paddle) fondata nel 1991 da un gruppo di amici tra cui Daniel Patti, allora presidente. Insieme ai suoi amici e soci Claudio Rossi ed Enrico Cereda vuole fondare un circolo con ben quattro campi. “Come l’ho detto a Patti, è saltato dalla sedia”, ride il pioniere romagnolo. “Poi ci siamo dovuti ridimensionare e abbiamo incaricato un’azienda di Latina, la Vetreria Laziale, già in affari con la Spagna, di realizzare un campo anche per noi, il primo in cristallo”. Fondata l’associazione sportiva Beach Padel Club, si affaccia un problema: trovare la località dove installarlo. Grazie all’amicizia con un maestro argentino di tennis arrivato in Italia, ai tre soci è offerta la possibilità di costruirlo all’interno di un circolo a Milano Marittima. È il luglio del 1994 e il sogno di Mauro Zanzi inizia a divenire realtà.

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